Praglia

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L’Abbazia di Praglia è sorta ai piedi dei colli Euganei a circa 12 chilometri da Padova lungo l’antichissima strada che conduceva ad Este. I conti Maltraversi di Padova fondano il monastero di Santa Maria in loco Pratalea, per appoggiare l'attività del vescovo riformatore filopapale Sinibaldo.

Nel 1124, ormai tornato sulla cattedra padovana Sinibaldo, lo sottopone alla regola benedettina del monastero di Polirone e fa dono la chiesa di San Giorgio di Tramonte, con tutte le pertinenze ed i diritti spettanti alla chiesa, ad eccezione della terza parte della decima detta il quartese e della metà di quanto la chiesa deve annualmente al vescovo padovano. Con questa acquisizione, il monastero di Praglia amplia la proprietà fino a comprendere un tratto in piano, bonificato con l’escavazione di profondi fossati e il versante orientale del monte destinato all’impianto di olivi sorretti da muretti circolari a secco, ancora in parte conservati. Allineato alle direttive del vescovo, il monastero accrescerà negli anni successivi la sua importanza grazie a numerose donazioni.

L’Abbazia rimase fino al 1304 una dipendenza dell’Abbazia di S. Benedetto in Polirone di Mantova. Solo con gli inizi del XIV secolo la comunità di Praglia, consolidatasi e radicatasi più stabilmente nell’ambiente padovano, si rese del tutto autonoma eleggendo un Abate preso tra le file dei propri monaci. Dopo il periodo piuttosto infelice, dal punto di vista sia spirituale che materiale, della “commenda” nel 1448 Praglia aderì alla Riforma di Santa Giustina di Padova e tale scelta fu la causa della sua “seconda nascita” spirituale, culturale e materiale. L’Abbazia fu fiorente nei secoli successivi, fino alla soppressione napoleonica del 1810. Nel 1834, grazie all’appoggio del governo austriaco, i monaci rientrarono nel monastero.

Il complesso architettonico di Praglia è attualmente in corso di studio (anche con scavi archeologici) e occorre attenderne la conclusione per sapere se, oltre al campanile, vi sopravvivano altri elementi medievali, sopravvissuti alla riorganizzazione ed ampliamento tra metà del XV e inizi del XVI secolo.

E’ probabile che il campanile fosse nell’angolo sud-ovest della chiesa originaria e che questa fosse orientata est ovest, anziché nord sud come nella ricostruzione cinquecentesca.

L’obiettivo delle indagini  pedologiche realizzate dal team MEMOLA nel moastero di Praglia è quello di ricostruire l’evoluzione paleoambientale del territorio di pianura nel Monastero di Praglia, sia prima che dopo gli interventi di bonifica per drenaggio di quest’area originariamente palustre. Inoltre, sono interessanti per affrontare una serie di studi ad hoc all’interno dell’area del Convento di Praglia, negli “orti” che si configurano come dei rari palinsesti di pratiche di agricoltura intensiva, e per i quali esistono documenti scritti che ne attestano modalità di gestione, rotazioni e produttività.

Il nome di Praglia deriva dal termine medievale “pratalea” (località tenuta a prati) e si rifà probabilmente alla grande opera di bonifica e di messa a coltura di terre paludose della zona avviata proprio dai Benedettini nel Medioevo. Fin dai secoli XII-XIII si trovano notizie di interventi compiuti nell’area in questione al fine di sottrarre alle acque terreni da adibire a coltura.

I primi ad agire in modo sistematico ed efficace in questo senso furono i monaci benedettini. Nel territorio padovano il vero protagonista delle opere di bonifica in età medievale fu il Monastero di Santa Giustina il quale, nei secoli XI e XII, ricevette molte donazioni da parte dei vescovi patavini e lasciti di grandi famiglie feudali. Si formarono così notevoli estensioni agricole, che furono costantemente valorizzate da accorte opere di bonifica volte a prosciugare i terreni ubicati sopra il livello del mare.